Vittore Carpaccio

Vittore nasce (non si sa se a Venezia o a Capodistria) da Piero Scarpazza, mercante di pelli, verso il 1460-1465 ed è morto a Venezia nel 1526. In seguito ai suoi contatti con l'ambiente umanistico veneziano, dominato da Ermolao Barbaro e Bernardo Bembo, mutò il cognome di famiglia in Carpaccio. Carpaccio fa irruzione sulla scena pittorica veneziana a venticinque anni, sbaragliando i predecessori. Nella monografia del 1967 Michelangelo Munaro, lo dice personaggio sensibile agli ideali di una civiltà laica. Alle pale d’altare e ai mosaici preferisce l’arazzo, le miniature, festosi teleri, presentandosi con la “mentalità profana di un uomo moderno”. Nel dipingere aderisce alle raffinatezze stilistiche del gotico fiorito ma le sue composizioni non sono per niente statiche come quelle di un Lazzaro Bastiani o del Mansueti. Stupiscono, fibrillanti di dinamismo e guizzi inventivi, le mobilissime scene di vita cittadina. I suoi compatti ritratti di gruppo intercettano occhiate sghembe tra diverse fazioni. La sua produzione, con soggetti cortesi e favolosi, piuttosto che prettamente umanistici, a lungo andare, lo renderà sostanzialmente un isolato, non al passo coi mutamenti della pittura veneziana. Allievo di Gentile Bellini, la sua fama è legata soprattutto ai cicli di tele dipinte (teleri) per le scuole veneziane di Sant’Orsola (1490-95), San Giorgio degli Schiavoni (1502-07) e San Giorgio degli Albanesi (1504-08). Nel 1490 inizia i nove teleri con le Scene della vita di sant'Orsola, per la Scuola della santa omonima (ora conservati alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), tratte dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine. Otto scene narrative sono la sua prima commissione e il più antico ciclo di Istoria dipinta (1494). Su tracciato della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine si dispiega l’assorta e tormentosa fabula di Orsola, virtuosa figlia del cristianissimo re di Bretagna. Il Sanudo, nella Cronachetta aggiornata al 1530, la annovera tra le cose “notabili” da vedere a Venezia. Sequenza che a ritmo sospeso e incantatorio rcconta la fatale parabola di Sant’Orsola fino al martirio, in terra santa, circondata dalle sue puellae. E poi le decorazioni, le tarsie, il gusto finissimo del dettaglio, la particolareggiata foggia degli abiti, l’articolata composizione dei cerimoniali, le coltissime citazioni architettoniche. Fra la folla assiepata attorno ai protagonisti fanno capolino volti e figure della Venezia contemporanea: componenti della famiglia dei committenti, esponenti delle scuolette e confraternite, qualche esatto profilo di umanista amico. Partecipa alla realizzazione dei teleri per la Scuola di San Giovanni Evangelista, con il Miracolo della reliquia della Croce al ponte di Rialto, del1494.

A differenza dei precedenti teleri per la Scuola di Sant'Orsola, dove nelle singole rappresentazioni venivano inserite più scene, nei teleri per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, realizzati tra il 1502  e il 1507 e tuttora in loco, si concentra su un unico episodio, rappresentando le storie dei tre santi dalmati. Realizza le storie di san Girolamo, tre teleri con: San Girolamo e il leone nel convento, I funerali di san Girolamo, Sant’Agostino nello studio; un telero con San Trifone ammansisce il basilisco e tre teleri con le Storie di san Giorgio: San Giorgio in lotta col drago, Trionfo di san Giorgio, Il Battesimo di Selene.

Nel San Girolamo e il leone nel convento il centro è costituito dal santo che accoglie nel convento il leone. Questo gli porge la zampa con la spina infilata, circondato dalla precipitosa fuga dei frati spaventati dalla vista del leone.

 Ne I funerali di san Girolamo pone al centro il corpo disteso del santo morto con intorno i frati in preghiera e a destra in fondo il leone, ormai ammansito, che esprime un ruggito di dolore per la morte del santo.

Nel Sant'Agostino nello studio, ambienta la scena della premonizione della morte di san Girolamo da parte di sant’Agostino, in uno studiolo umanistico, gremito di oggetti per il lavoro intellettuale. Il santo è colto nel momento preciso della premonizione, mentre alza la penna smettendo di lavorare e con la faccia rivolta verso la finestra da cui filtra il raggio di luce che illumina la stanza.

Nel telero con San Trifone ammansisce il basilisco, del 1507, rappresenta il giovane santo, che riesce con la preghiera ad esorcizzare la figlia dell'imperatore Gordiano, ammansendo il demonio, mostratosi sotto forma, secondo la leggenda, di «un cane nero con occhi del fuoco», da Carpaccio dipinto come una specie di grifone.

Nel telero con San Giorgio in lotta col drago la scena è inserito su un terreno cosparso dai macabri resti del pasto del drago, dove si affrontano il santo e quest'ultimo, ritratto quasi in posizione araldica, sulla destra dietro la principessa, un arco di roccia naturale che mostra una veduta di mare con veliero, sulla sinistra lo sguardo è condotto nel fondo dalla successione dei palmizi, che fiancheggiano una favolosa città orientaleggiante.

Tra il 1490  e il 1495, realizza la tavola con le Due Dame Veneziane del Museo Correr a Venezia, l'opera è stata mutilata della parte superiore, ora conservata al Paul Getty Museum di Los Angeles col titolo: La Caccia in laguna.

Tra il 1501 e il 1507  lavora a Palazzo Ducale, insieme a Giovanni Bellini per decorare la Sala del Maggior Consiglio, ciclo interamente perduto in seguito all'incendio de 1577.

Tra il 1504  e il 1508  realizza, con ampia partecipazione di aiuti, il ciclo con le Storie di Maria per la Scuola di Santa Maria degli Albanesi, ora divise: la Nascita di Maria, conservata all'Accademia Carrara di Bergamo; la Presentazione di Maria al tempio e il Miracolo della verga fiorita, alla Pinacoteca di Brera  di Milano: l'Annunciazione, la Visitazione e la Morte della Vergine, alla Ca’d’Oro di Venezia.

Del 1510 circa sono le tavole col Compianto sul Cristo morto, ora conservato a Berlino alle Staatliche Museen, e la Meditazione sulla Passione conservata al Metropolitan Museum di New York. Dello stesso anno è il Cavaliere, conservato a Madrid nella collezione Thyssen-Bornemisza.

Tra il 1511 e il 1520  realizza i cinque teleri con le Storie di santo Stefano per la Scuola omonima: Consacrazione dei diaconi, Disputa di Stefano fra i Dottori nel Sinedrio della Pinacoteca di Brera a Milano, la Predica di Stefano, del Louvre di Parigi e databile al 1514  ca. Stefano condotto in giudizio, conservato al Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi a Firenze, la Lapidazione di Stefano, della Staatsgalerie di Sytoccarda. I committenti di questo ciclo sono identificati nei confratelli della scuola, per la maggior parte tagliapietre lombardi, come Pietro Lombardo, che in quegli anni si erano imposti sui colleghi veneziani. Non a caso il santo scelto per l'intitolazione della Scuola fu Santo Stefano, morto per lapidazione.

La tarda attività è riservata in parte alla provincia e condivisa con i figli Benedetto e Piero.