Stemmi famiglia Campagnaro


 
Sepolcro
delle monache 

    

Altare Maggiore (inizio XVI secolo)

L’altare maggiore, sul fondo della chiesa, si trova in posizione centrale e sopraelevato rispetto agli altri altari. Fu costruito nei primi anni del ‘500 contemporaneamente alla chiesa, con la quale condivide sia la semplicità (nella parte originaria) sia il finanziatore (Luigi Campagnaro). Gli stemmi di famiglia Campagnaro compaiono quattro volte, due nell’altare, due sui pilastri della balaustra retti da un leone a sinistra e un leopardo a destra. La famiglia Campagnaro possedeva di per sé due simboli diversi e per questo, nel volerli rappresentare entrambi, li ha fatti reggere da due animali distinti; il leone (forse identificabile, per la lunga criniera, con l’estinto leone berbero) è caratterizzato da un discreto realismo e ha, tra le gambe, un delfino stilizzato. Questa composizione appare piuttosto curiosa ai nostri occhi, ma aveva un preciso significato araldico: il leone è simbolo di forza, come il leopardo, e di coraggio; il delfino, rappresentato con i denti, al di fuori dell’ambito sacro indica magnanimità e gentilezza d’animo. Il leopardo è stato scolpito in modo molto più goffo ed approssimato, il suo volto è più umano che felino; le differenze di fattura farebbero pensare a due autori distinti: il maestro nel leone e un allievo per il leopardo.

L’arco a tutto sesto e il timpano che racchiudono la tela sono l’unica parte risalente all’altare originario: lo confermano, oltre agli stemmi e ai documenti, la proporzione e l’eleganza non sofisticata dell’opera, elementi tipici dell’epoca, così come la sobrietà dei marmi policromi inseriti. Dopo la visita del 1584, il visitatore apostolico Cesare Nores ordinò che fossero rifatti il tabernacolo, la mensa d’altare e il dipinto. La nuova pala raffigurante l'Assunzione della Vergine e santi, fu dipinta nel 1602 dal trevigiano Bartolomeo Orioli. Il capolavoro dell’altare maggiore è il tabernacolo, di stile squisitamente barocco, probabilmente risalente ai lavori del 1648, e denso di valori simbolici di sicuro più comprensibili nel ‘600 che oggi. L’opera ha una struttura simmetrica e triangolare: il Padre Eterno, in alto, con aureola a triangolo (simbolo della trinità), attraverso la colomba dello Spirito Santo dona le tre virtù teologali impersonate da allegorie: la Carità, in basso a destra; la Speranza, in basso a sinistra; la Fede, al centro, lungo la linea che idealmente congiunge l’Eterno Padre, lo Spirito Santo, la Fede, il Corpo di Cristo protetto dalle altre due virtù ai lati. Due angeli simmetrici a destra e a sinistra, danno leggerezza all’opera

All’epoca i fedeli erano molto più abituati a leggere il materiale iconografico nelle chiese, visto che statue e dipinti servivano ad insegnare il vangelo e a fare conoscere le vicende di santi e martiri al popolo analfabeta.

Ai piedi dell'altare vi sono le lapidi sepolcrali delle monache del convento.