L'altare di San Giovanni ora detto di Sant'Antonio dalla piccola
statua di marmo di sant’Antonio è menzionato per la prima volta
il 20 giugno 1520 nel testamento di Maria Sorgato che lasciò un
legato di due messe alla settimana all'altare di San Zuane (San
Giovanni).
L'altare era in legno e nel 1615 per disposizioni testamentarie
del pievano di seconda porzione Giovanni Locatello che assieme
al fratello Giulio reggeva la parrocchia l'altare è stato
ricostruito in marmo dai nipoti Domenico Locatello e Giovanni
Menegaldo. Come segno di riconoscenza all’impegno e agli oneri
sostenuti da questa famiglia, vennero posti ai lati dell’altare
i due busti dei fratelli Giulio e Giovanni Locatello,
accompagnati da iscrizioni di marmo che ne ripercorrono la
storia. Nel 1976 sono stati ricollocati nella posizione dove li
vediamo tuttora, dopo che erano stati inspiegabilmente rimossi
nel 1962. Le lapidi dei due busti dei Locatello sono delle copie
mentre gli originali sono presso la villa Prandestraller.
L'altare ha un arco a tutto sesto racchiuso tra due colonne con
capitello corinzio che reggono un frontone classico. Sul punto
di volta é posta una maschera raffigurante un volto muliebre che
si richiama alla tradizione classica. La mensa d’altare é
decorata con incrostazioni marmoree, richiamandosi al modello
adottato negli altri altari della chiesa.
Sempre per adempiere alle ultime volontà del pievano Giovanni
Locatello, contestualmente all'edificazione dell'altare, nel
1615, in sostituzione del dipinto su tavola raffigurante i
Santi Giovanni Battista, Pietro e Paolo attribuito per
tradizione al Carpaccio ed ora nel lato destro del presbiterio,
è stata commissionata a Edoardo Fialetti la tela raffigurante
San Giovanni Evangelista tra i santi Pietro e Paolo, ora nel
lato sinistro del presbiterio.
In epoca recente (intorno al 1950), sull’altare di San Giovanni
al posto della pala del S. Giovanni Evangelista di
Odoardo Fialetti, ora nel lato sinistro del presbiterio, é stata
collocata un’opera dell’artista trevigiano Giovanni Barbisan,
raffigurante un Cristo coronato da due angeli.
Il
Cristo uscito dal sepolcro, ancora avvolto dal sudario, mostra
le mani bucate dai chiodi
con due putti alati che gli posano sulla testa la corona di
spine simbolo della passione. Il cuore di Cristo è cinto dalla
corona di spine.
Cristo non è ancora asceso ai cieli, il suo volto, seppur
solenne, non dimostra ancora l’estasi, bensì sembra attraversato
da un’ombra dell’umana sofferenza patita.
Dal punto di vista stilistico l’opera presenta una composizione
stilistica
quattrocentesca ridotta
all’essenziale e priva di elementi superflui tipica del Barbisan
Lo
storico locale mons. G. B.
Rossi nel suo manoscritto ('700) Storia Noalese ( presso
la biblioteca comunale), riporta la memoria del notaio Giacopo
Brunetin riguardo alla dislocazione delle reliquie. Secondo tale
testimonianza, nell’altare sarebbero conservate le reliquie di
san Osvaldo (ex Ossibus). |