Assunzione di Maria Vergine (1502-1504)

La pala, commissionata dalla confraternita dei Battuti, era collocata nell'altare dell'Assunta dove aveva sostituito un dipinto del 1454 del quale non si hanno notizie. La potente e ricca confraternita poteva permettersi continue sostituzioni dei dipinti seguendo le mode del momento culturale e nel 1513 è stata a sua volta sostituita con un dipinto di ignoto autore raffigurante Gesù Cristo in croce tra la Vergine, san Giovanni, san Sebastiano e san Cristoforo del quale si è persa memoria.

Il dipinto è un'opera di splendente cromaticità tutta veneta. Maria, ormai irraggiungibile, immersa già nella luce dell'eternità, attira occhi e cuori degli apostoli. In alto a sinistra, su un'improbabile collina, si vede un castello.

La pala appartiene all'ultimo periodo della pittura di Alvise Vivarini (1442 – 1505) e risente fortemente dell'influenza artistica di Cima da Conegliano al quale per secoli il dipinto è stato attribuito da storici e critici d'arte e bisogna arrivare al 1871 con Giovan Battista Cavalcaselle per incontrare i primi dubbi sull'attribuzione al Cima. Nel 1929 Giuseppe Fiocco nei volti delle persone riconosce schemi ripresi da Antonello da Messina e da Lorenzo Lotto e nel 1959 Luigi Coletti attribuisce il dipinto a Domenico Capriolo. Per accostare l'opera al linguaggio pittorico dei Vivarini bisogna attendere il 1979 quando Mauro Lucco confrontando l'opera noalese con altri dipinti avanza le prime ipotesi di attribuzione ai Vivarini.

Spetta a Saverio Simi de Burgis la pubblicazione in Arte Veneta 52 (1998) del ritrovamento di un documento del 1502 nell’Archivio Comunale di Noale che ha permesso di attribuire la pala dell’Assunta ad Alvise Vivarini. Trattasi precisamente della documentazione di un processo datato 1° settembre 1502 che vede come parti in causa, da una parte il pievano Ettore della Bastia e dall’altra Pietro Sartor e Andrea Violato, in qualità di Massari della Scuola di Santa Maria dei Battuti, da cui il pievano esige il pagamento di 36 ducati da lui anticipati per saldare il pagamento della pala del Vivarini. Fortunatamente per noi, all’istanza di rimborso sono allegati: la ricevuta del 27 novembre 1504 ed il contratto stipulato con lo stesso Alvise Vivarini nel 1502.

 L’opera commissionata era una pala “a figure at oio, et prima nel campo de mezo la asension de la madona cum i duodeci apostoli, nel campo dextro san Hieronymo en heremo et nel zancho san Sebastian, neli duo quadri de sopra la Anunziata, et di sopra ditti quadri la pietá.

La pala era stata descritta nel '700 anche dallo storico locale mons. G.B. Rossi: “Forse a questa Scuola (Confraternita dei Battuti) apparteneva la Pala tutta di legno di finissimo lavoro dorata, divisa in tre quadri; in quello di mezzo si rimira la Beata Vergine Assunta con di sotto gli Apostoli ed all’intorno alcuni Angeli, e nei laterali San Girolamo e San Sebastiano: al di sopra poi altri piccioli due quadri sopra i due maggiori laterali, si vedono l’Angelo in uno e la Beata Vergine Annunciata nell’altro. Lavoro di eccellente pennello imitatore e forse superiore a Vettor Carpaccio. Si conserva in chiesa, sopra il banco de’ Massari”.

In questo dipinto l’artista era ritornato forse per esigenze di contratto alla tipologia della pala d’altare frazionata in scomparti che aveva abbandonato già nel 1480, come si può vedere nella Madonna in trono e santi (a Venezia nelle Gallerie dell’Accademia), dove l’abbandono della rigida composizione lascia spazio ad un’apertura paesaggistica sullo sfondo.

L’Assunta che oggi ammiriamo é dunque la parte centrale e l’unica rimasta di un complesso polittico, originariamente collocato sull’altare della Scuola dei Battuti, committenti dell’opera e purtroppo delle altre opere costituenti l’altare si sono perse le tracce.

Ma anche dopo che il dipinto é stato attribuito con certezza al Vivarini rimane in sospeso una nuova ipotesi. Sin dal 1982 lo Streer confrontando l'opera noalese con la Sacra Conversazione di Amiens e la Madonna con il Bambino e quattro santi di Berlino notò una marcata differenza stilistica tra la parte inferiore del quadro e la parte superiore dove troneggia una ieratica Madonna che ascende al cielo in una mandorla di luce, sorretta da statici angioletti che fa supporre l’intervento di un altro artista. Potrebbe trattarsi del giovanissimo Lorenzo Lotto che in quei anni frequentava la bottega di Alvise Vivarini, la cui Apparizione della Vergine ai santi antonio Abate e Ludovico da Tolosa di Asolo (1505) presenta diverse affinità con l’opera noalese: la Vergine é raffigurata anche qui a figura intera, circondata da una specie di mandorla che la contiene, di un’analoga tonalità arancione.