Bartolomeo Orioli (nato tra il 1567 e il 1569 morto 1624?)

La prima testimonianza relativa alla sua professione è dedotta da un documento del 1598 dove comparendo come testimone viene definito “pictore”.

Dalla fine del ‘500 al 1605 lavorò nel laboratorio del padre Gerbino, orefice di professione. Collaborazione terminata malamente nel gennaio 1605, quando il genitore intentò una causa ai danni del figlio.

I suoi primi dipinti noti: Assunzione della Vergine e santi (1602) della chiesa dell’Assunta di Noale e Madonna del Carmelo e i santi Francesco e Carlo Bonomeo di San Vito di Altivole mostrano canoni stilistici vicini a Andrea Vicentino e ai Bassano con influenze compositive del tardo manierismo veneziano palmesco. Più vicina al modello del Palma è invece la Sant'Elena della chiesa di Monigo (1603).

Al periodo immediatamente successivo appartengono: la Madonna col Bambino e quattro santi, già nella sacrestia della Prepositurale di Montebelluna, dove la figura della santa monaca di gusto palmesco, ricorda quella di san Bartolomeo, nella pala, dipinta nello stesso anno, per la chiesa parrocchiale di Merlengo.

Il pittore ormai affermatosi l'anno successivo ricevette l'importante commissione per la perduta decorazione della volta del presbiterio della chiesa trevigiana di San Paolo. Poco dopo eseguì anche la decorazione delle lunette del Battistero per conto della confraternita del SS. Sacramento del Duomo, anch'essa perduta, mentre nel 1610 firmò la pala dell'altar maggiore della rinnovata chiesa di Fiera.

L'attività di Bartolomeo Orioli si svolse per lo più entro i confini della Marca Trevigiana e fra i suoi lavori si citano le tele conservate al Monte di Pietà raffiguranti Il profeta Geremia e Il profeta Isaia, la Fuga in Egitto della parrocchiale di San Giuseppe a Treviso, la Madonna del Rosario di Castagnole.

L’orientamento verso i modelli pittorici del Palma, di Sante Peranda e di Paolo Piazza si fa sempre più evidente, non per conformismo ma per ragioni di mercato influenzato dalle mode artistiche dei primi decenni del ‘600.

A questo periodo appartengono la Madonna del Rosario e santi, della chiesa di Sant'Alberto a Zero Branco, Il riposo nella fuga in Egitto della parrocchiale di Paderno di Ponzano (dopo il 1610), la Fuga in Egitto della parrocchiale di San Giuseppe di Treviso, la Madonna in adorazione del Bambino e i santi Girolamo e Francesco della chiesa di Trevigiano di Campagna (intorno al 1620), il perduto Ritratto di Bartolomeo Burchelati (1624), le Stimmate di san Francesco nella chiesa i Santo Stefano in San Nicolò di Treviso, fino all'ultima grande impresa, terminata dal figlio Deifilo in seguito alla sua morte la decorazione della chiesa dell'Ospedale dei Battuti di Treviso.

La grande tela raffigurante la Processione con la reliquia della Croce, realizzata nell’ultimo periodo dell’artista acconsente di valutare le notevoli capacità del pittore come ritrattista