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Pietro Fortunato Calvi La bibliografia dedicata a Calvi non ha fornito una rappresentazione convincente e documentata su di lui. La necessità di creare nella gente l'idea di Italia, il nazionalismo anti austriaco, la retorica fascista e gli storici locali più propensi a compiacere che a consultare documenti hanno compromessa la verità sul personaggio e sugli avvenimenti dei quali è stato protagonista. Calvi come giustamente afferma, nella introduzione al suo Pietro Fortunato Calvi da soldato a uomo Riccardo Berto, "non merita ne stima ne riprovazione: merita di essere conosciuto". Pietro è nato in una casa di campagna a Briana di Noale il 15 febbraio 1817 dove il nonno paterno che era stato segretario della Repubblica Veneziana si era trasferito per questioni relative alle difficili condizioni economiche famigliari. Il padre, leale suddito imperiale ligio e rassegnato servitore dello Stato, nominato Commissario Distrettuale di polizia si trasferì a Padova dove Pietro frequentò il ginnasio al Liceo Santo Stefano interrompendo quasi subito nel 1830 perché ammesso a frequentare gratuitamente il Collegio dell'Accademia del Genio Militare di Vienna. Il 6 dicembre del 1836 fu promosso da allievo ad alfiere e nel 1838 avanzato al grado di secondo tenente venne assegnato alla fanteria asburgica nel tredicesimo reggimento Wimpffen di stanza a Venezia. Il primo dicembre del 1839 fu promosso al grado di tenente di prima classe, nonostante avesse scontati tre giorni di carcere a causa dei suoi debiti non pagati. Mentre era di stanza in Venezia venne a contatto con Daniele Manin e Nicolò Tommaseo e i suoi interessi verso i fermenti veneziani furono notati dalla polizia imperiale e il 9 novembre 1847, promosso a primo tenente, fu trasferito in Styria, a Gratz. Avuta notizia della rivolta veneziana del 1848 e della proclamazione della Repubblica di Venezia presentò le dimissioni dall'esercito austriaco e raggiunta Venezia si mise a disposizione del Comitato di difesa della città che gli affidò l'incarico di formare i "Corpi Franchi" in Cadore. Riuscì con pochi mezzi a tenere a lungo in scacco le forze austriache e al tracollo delle difese cadorine, sciolti i Corpi Franchi, Calvi raggiunse Venezia, ultimo baluardo della rivoluzione nel Veneto. Caduta Venezia nel 1849 Calvi si imbarcò su uno dei piroscafi che il governo francese aveva messo a disposizione con destinazione Grecia dove rimase pochissimo perché nel marzo del 1850 era già a Torino. Durante il soggiorno torinese non ebbe facili rapporti con Mazzini e gli altri esuli. Espulso dal Piemonte in quanto indesiderabile da prima in Svizzera poi a Londra nel 1853 ritornò a Lugano. Per pochi giorni lo ritroviamo clandestino a Torino per poi trasferirsi a Ginevra sempre più isolato per i suoi propositi definiti "una nobile follia" di sollevare militarmente il Veneto e il bellunese. Nel 1853 nominato da Mazzini "commissario del partito d'azione nella circoscrizione superiore del Veneto e condottiero supremo delle bande nazionali che vi sorgessero" il 15 settembre con Chinelli, Fontana, Marin e Moratti si avviò per raggiungere il Cadore attraverso il passo Gavia. Entrati in Valtellina il Chinelli abbandonò la spedizione a causa della febbre e i tre superstiti, giunti in Val di Sole a Cogollo pernottarono nell'osteria Moreschini dove due ignari gendarmi gli arrestarono. I quattro furono portati presso il posto di gendarmeria di Pellizzano e subito dopo a Innsbrugck e il 3 ottobre 1853 nel castello di Mantova. Giudicato e condannato a morte dall' I. R. Corte Speciale di Giustizia di Mantova, condanna confermata dall' I. R. Superio Tribunale d'Appello di Venezia, il 4 luglio 1855 fu giustiziato tramite impiccagione nella località di Belfiore, lungo le mura cinquecentesche di Mantova. Se durante i processi non sono emersi con chiarezza i suoi progetti politici, Pietro Calvi dimostrò una straordinaria forza d'animo, cercando di addossarsi tutte le responsabilità del piano rivoluzionario al fine di evitare ai quattro compagni la condanna a morte con l’accusa di “alto tradimento”. Questo comportamento salvò Morati, Chinelli, Fontana, Marin e Barozzi che furono condannati a qualche anno di carcere mentre a Calvi, reo confesso, fu negata la Grazia Sovrana. Usato o celebrato a Noale gli sono stati dedicati cinque monumenti: sotto i portici di Palazzo della Loggia vi è il monumento con le sue ceneri è una lapide con epitaffio di G. Carducci, in Piazza Castello nei pressi della porta trevisana ora delle dell'orologio il monumento è opera di R. Rinaldi di Padova (1871), sotto la porta della torre opera di Emilio Greco (1983) e opera di Stefano Baschierato gli è stato dedicato nel 1999 a Briana . Infine a Pieve di Cadore, cittadina che guadagnò la Medaglia d'Oro al valore per i fatti del '48, nel 1875 lo omaggiò di un busto sulla strada che conduce alle fortificazioni di Monte Ricco ad opera dello scultore Valentino Besarel. |